Don Matteo 8 ... Io lo immagino così

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  1. checca0074
     
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    CAPO MONELLAS DENTRO E FUORI

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    Seguo a ruota la nostra Cinzia e vi lascia un aggiornamento... scusate la mia lunga assenza, :wub: in futuro cercherò di essere un pò più puntuale mie dolcissime monelle :checca:




    Il dottor Cosimo Mangeli, il medico legale, era un uomo simpatico, sulla quarantina, aspetto gradevole e molto educato. Non era un nuovo acquisto, il Capitano aveva avuto già modo di lavorare con lui ma da quando era arrivato Longhi, Giulio non lo aveva più visto.
    COSIMO: Salve, Capitano, come va?
    GIULIO: Buongiorno, dottor Mangeli, bene.
    L’uomo si mise subito a lavoro. Giulio era irrequieto e impaziente, il suo unico pensiero era di raggiungere Patrizia. Voleva sapere come stava, starle vicino, consolarla, farle sentire il suo amore, il suo calore in un momento per lei così doloroso e difficile. Per sua fortuna, il dottor Mangeli fu veloce nel trarre le sue prime conclusioni.
    COSIMO: Capitano, la morte della ragazza risale a questa mattina, diciamo intorno alle sei. E’ morta cadendo presumo da quella impalcatura, battendo la testa. La morte è stata istantanea. Sicuramente è stata spinta, visto che è arrivata a terra di spalle. Inoltre, guardi sul braccio destro, è un livido lasciato sicuramente da qualcuno che l’ha dovuta prendere o strattonare per poi buttarla giù. Comunque, dovrò effettuare l’autopsia per poterle dare notizie più precise, queste ovviamente sono le primissime ipotesi.
    GIULIO: Va bene dottore, quando potrà farmi avere il referto?
    COSIMO: Capitano, la informo sin da ora che con il trasferimento di Longhi e un altro collega in malattia, siamo a corto di personale, quindi ci vorrà qualche giorno. Purtroppo ho altri referti da consegnare.
    GIULIO: La ringrazio.
    Il medico andò via, sul posto rimasero Giulio, Ghisoni e altri sottoposti, che insieme alla scientifica stavano controllando l’impalcatura. Ghisoni scese in gran fretta e si avvicinò a Giulio.
    GHISONI: Capitano, guardi qui, ho trovato questa bottiglietta, sembra di un medicinale. L’etichetta non è molto leggibile, la pioggia ha quasi cancellato il nome.
    Giulio la osservò.
    GIULIO: Facciamola analizzare, manda i ragazzi in caserma e tu rimani con me. Io raggiungo Patrizia, è con Don Matteo sul retro del castello. Ti aspetto lì.
    GHISONI: Comandi, Capitano!
    Giulio era angosciato, quante cose dolorose avrebbe dovuto raccontare alla sua Patrizia. Dove avrebbe trovato il coraggio per farlo?
    Patrizia e Don Matteo erano seduti su una panchina, lei piangeva ancora disperata con la testa poggiata sulla spalla del parroco. Giulio li raggiunse e si avvicinò.
    GIULIO: Patrizia!
    Lei alzò la testa e incrociò lo sguardo di Giulio. Non esitò, gli corse incontro, gettandosi tra le sue braccia. Giulio la strinse forte a sé, accarezzandola.
    GIULIO: Ti prego, amore mio, non piangere...
    Don Matteo li guardò finalmente soddisfatto, era contento per loro ma non era il momento delle felicitazioni. Decise di lasciarli soli, i due ragazzi avevano bisogno di parlare. Guardò Giulio.
    DON MATTEO: Capitano, io vado via, se ha bisogno di me sa dove trovarmi.
    GIULIO: Grazie, Don Matteo.
    Patrizia era inconsolabile, nei suoi occhi si leggeva chiaramente il dolore, la rabbia e la disperazione per la morte della sua migliore amica.
    GIULIO: Patrizia, ti prego, cerca di calmarti, devi farti forza. Lo so che non è facile ma lo devi fare.
    PATRIZIA: Come posso calmarmi, Giulio? Ila era la mia migliore amica!
    GIULIO: Lo so, amore mio e so anche che stai soffrendo terribilmente ma devi reagire.
    PATRIZIA: No Giulio, tu non capisci!
    Patrizia allontanò Giulio da sé. La sua stretta, le sue attenzioni, il suo continuo chiederle di smetterla di piangere, la stavano soffocando.
    PATRIZIA: Giulio, in questo momento non sono in grado di calmarmi, smettila di dirmi quello che devo fare! Non ne posso più di sentirtelo dire!
    Giulio si avvicinò e la prese con forza tra le braccia, avvicinandola di nuovo a sé.
    GIULIO: Invece ora tu farai quello che ti dico io! Pietro ti accompagnerà a casa, mentre io andrò in caserma e appena avrò finito, ti raggiungerò con la tua auto. Ho già disposto il sequestro del castello e fatto rimuovere il cadavere per l’autopsia, le autorizzazioni le darai dopo a me.
    Patrizia lo guardava pietrificata. Giulio si rese subito conto di aver esagerato un po’.
    GIULIO: Scusami, per come ti ho trattata poco fa ma non mi hai lasciato altra scelta. Non sopporto vederti piangere, mi fa stare troppo male.
    Patrizia si strinse nuovamente a lui.
    PATRIZIA: Giulio, promettimi che arresterai chi le ha fatto questo. Promettimelo!
    Giulio prese il suo viso tra le mani e la guardò intensamente negli occhi.
    GIULIO: Te lo prometto, amore! Chiunque sia stato, lo prenderò.

    Giulio tornò in caserma. Era visibilmente turbato, vedere Patrizia in quello stato l’aveva ferito profondamente. Ora, però, doveva darsi da fare, lo attendeva un duro lavoro. Aveva fatto una promessa al suo amore e avrebbe fatto di tutto per mantenerla.
    La caserma era un via vai di gente, avevano interrogato molte persone ma nessuna era riconducibile alla ragazza. Era diventato un vero e proprio incubo per Giulio. Esaminava scrupolosamente ogni prova e dettaglio fornitogli. Anche il Maresciallo tornò in caserma e si accomodò direttamente nell’ufficio del Capitano.
    MARESCIALLO: Signor Capitano!
    GIULIO: Venga, Cecchini, si accomodi. Come è andata?
    MARESCIALLO: Torno ora dalla casa di Ilaria, i genitori sono distrutti.
    GIULIO: Lo posso immaginare, Maresciallo.
    MARESCIALLO: Ci sono novità?
    GIULIO: No, Maresciallo ho interrogato tutte le persone convocate, esaminato tutte prove ma niente che porti ad un legame con la vittima. La ditta impegnata alla ristrutturazione non è del posto, quindi nessuno dei dipendenti o il titolare la conoscevano. Il custode ha riconfermato la versione data a lei, l’aveva vista solo un paio di volte di sfuggita. La ditta che l’aveva ingaggiata per il servizio fotografico invece la chiamava saltuariamente, quindi non sapevano molto di lei. Infine, stiamo attendendo i signori Castaldi, i proprietari del castello, abbiamo saputo che erano in viaggio e dovrebbero arrivare domani mattina. Maresciallo siamo nel buio più totale.
    MARESCIALLO: Capitano, io invece ho fatto un po’ di domande sulla vita privata di Ilaria ai suoi genitori, mi hanno detto che frequentava un ragazzo di nome Mirko Ruggeri, ex compagno di università, tra l’altro lo conosce anche mia figlia Patrizia. Mi hanno dato una foto dei due e il suo indirizzo.
    Il Maresciallo passò la foto e l’indirizzo al Capitano.
    GIULIO: Ghisoni!
    GHISONI: Comandi, Capitano!
    GIULIO: Tu e Severino andate a prendere questo signore. Si chiama Mirko Ruggieri.
    GHISONI: Comandi, Capitano!
    I due rimasero nuovamente soli.
    MARESCIALLO: Capitano...e mia figlia Patrizia?
    GIULIO: E’ a casa sua, l’ho fatta accompagnare da Ghisoni, non si preoccupi. Senta, Maresciallo, io devo andare da lei dopo per riportarle l’auto, perché non va lei al mio posto? Così, per parlare un po’ con sua figlia.
    MARESCIALLO: No, è meglio di no. Vada lei e non si preoccupi, magari avrete anche modo di chiarirvi.
    Giulio si schiarì la voce, l’affermazione di Cecchini l’aveva messo decisamente in imbarazzo.
    GIULIO: Non mi sembra il momento di affrontare questi discorsi con sua figlia, Maresciallo. Se vuole, possiamo andare insieme.
    MARESCIALLO: No, Capitano, se non le dispiace io preferirei rimanere in caserma. E’ meglio che vada lei, Patrizia vorrà sapere del caso.
    Giulio si arrese. Cecchini era veramente dispiaciuto per la morte di Ilaria e sicuramente era meglio non insistere, pensò Giulio.
    GIULIO: Va bene, Cecchini, ora può andare.
    MARESCIALLO: Grazie, Capitano.
    Il Maresciallo uscì dall’ufficio avvilito, distrutto e andò a sedersi dietro la sua scrivania. Anche lui iniziò a lavorare al caso, voleva trovare il colpevole della morte di Ilaria.
    Ghisoni e Severino tornarono da casa di Mirko Ruggeri ed entrarono immediatamente nell’ufficio del Capitano.
    GHISONI: Signor Capitano, a casa del signor Ruggeri abbiamo trovato solo la madre, ci ha detto che il figlio non lo vede da ieri sera. Ci ha riferito che ha avuto un'accesa discussione con la vittima e che subito dopo la ragazza è andata via di corsa. Invece il figlio è andato a dormire. Questa mattina, la madre è andata a svegliarlo intorno alle cinque ma lui era andato già via. La signora ha provato a chiamarlo diverse volte sul cellulare ma lui non ha mai risposto.
    GIULIO: Dove lavora?
    GHISONI: In un’impresa di pulizia di Gubbio.
    GIULIO: Ghisoni, chiama quest’impresa e chiedi se oggi si è presentato a lavoro, lo dobbiamo trovare a tutti i costi. Tu, Severino invece controlla le sue ultime chiamate dal telefonino. Inoltre cerca qualsiasi altra notizia sulla vita del ragazzo.
    SEVERINO: Comandi, Capitano!
    Severino uscì subito dall’ufficio e si mise a lavoro. Giulio guardò il Maresciallo, che era immerso nello sconforto più totale.
    GIULIO: Ghisoni, ho bisogno ancora del tuo aiuto. Io devo andare da Patrizia, tieni d’occhio il Maresciallo, non sta tanto bene e per qualsiasi cosa chiamatemi.
    GHISONI: Comandi, Capitano!
    Giulio si avvicinò alla scrivania del Maresciallo.
    GIULIO: Maresciallo, io vado da Patrizia, le affido la caserma e se ha bisogno di me, mi chiami.
    MARESCIALLO: Grazie, Capitano!
    Giulio gli sorrise, gli dispiaceva vedere il suo amico in quello stato.
    Giulio uscì dalla caserma che era già era buio. Aveva passato ore e ore a lavoro, il tempo era volato senza che se ne rendesse conto. Era stanco ma voleva arrivare quanto prima dal suo amore. Prima, però, doveva avvisare a casa. Prese il cellulare e mandò un SMS ad Amanda.
    "Non torno a casa. Ho delle importanti indagini in corso."
    Amanda gli rispose quasi subito.
    "Va bene."
    Da quando era tornato con la sua bellissima e amatissima Patrizia, la voce di Amanda lo irritava ancora più di prima e la sua sola vista gli dava la nausea. Salì sull’auto di Patrizia e andò da lei.
    Patrizia era seduta fuori in veranda, avvolta in un caldo plaid, a aspettare che arrivasse Giulio. Mille ricordi le riaffiorarono alla mente, i bei momenti vissuti con Ilaria, sempre insieme fino a quando, ormai grandi, le loro vite si erano separate. Era stata proprio lei ad aiutarla, tre anni prima, ad andare via da Gubbio. All’inizio si sentivano spesso ma poi pian piano la cosa era scemata da sola, così, senza un motivo apparente. Patrizia, da quando era tornata, non l’aveva mai incontrata e tanto meno l’aveva cercata. L'immagine del suo corpo inerme a terra senza vita, era l’ultimo ricordo che le era rimasto.
    Faceva freddo quella sera ma lei non lo sentiva, era più forte il dolore che stava provando.
    Giulio parcheggiò e le si avvicinò, la prese per mano e l’aiutò ad alzarsi.
    GIULIO: Amore ma che fai qui fuori al freddo? Su vieni, entriamo in casa.
    Si sedettero sul divano e Giulio l'avvolse in un caldo abbraccio.
    GIULIO: Hai mangiato qualcosa?
    PATRIZIA: No, non ho molta fame.
    Giulio le sollevò il mento.
    GIULIO: Eh no, amore mio! Niente storie, preparo io qualcosa da mangiare.
    Giulio stava per alzarsi, quando Patrizia lo bloccò.
    GIULIO: Lascia, è meglio di no. Cucino io per tutti e due. Tu limitati ad apparecchiare il tavolo, ti riesce meglio.
    Patrizia si alzò, mentre Giulio sorrise alla sua battuta, poi le prese la mano e la tirò a sé.
    GIULIO: Non sa cosa si perde, cara dottoressa.
    La frase di Giulio la fece sorridere.
    PATRIZIA: Capitano, so benissimo cosa mi perdo e ci rinuncio volentieri.
    Giulio guardò teneramente Patrizia: aveva gli occhi rossi e gonfi per il pianto, era pallida e stanca...ma per lui era comunque bellissima. Le prese il viso tra le mani, baciandone ogni millimetro teneramente, per poi soffermarsi sulle sue labbra. Lei si lasciò andare al suo bacio, stringendosi forte a lui, aveva bisogno di sentirlo vicino, di sentire il calore del suo corpo, di sentirsi protetta tra le sue braccia. Rimasero a lungo abbracciati, fino a quando Patrizia sentì lo stomaco del suo Capitano brontolare per la fame. Alzò la testa e rise.
    PATRIZIA: Capitano, io vado in cucina, lei si sbrighi ad apparecchiare. Il suo stomaco protesta.
    I due si sedettero a tavola. Giulio non aveva il coraggio di dirle nulla. Lei, invece, lo guardava, aspettando una sua introduzione al discorso. Lui continuava a tacere, così decise di fare il primo passo.
    PATRIZIA: Non hai nulla da dirmi, Giulio?
    Lui posò la posata e la guardò, prendendole la mano.
    GIULIO: Speravo me lo chiedessi, non sapevo proprio come iniziare il discorso...
    Patrizia aveva mille domande da porgli ma riusciva a sentire solo un nodo in gola che la soffocava. Bevve un sorso d’acqua per riprendersi e inspirò profondamente.
    PATRIZIA: E’ venuto il medico legale?
    GIULIO: Sì, il dottor Mangeli.
    PATRIZIA: Cosimo Mangeli, lo conosco, è bravo e scrupoloso. Cosa ti ha detto?
    GIULIO: La morte di Ilaria è avvenuta intorno alle sei di questa mattina, quasi sicuramente è stata spinta giù dall’impalcatura. Era abbastanza alta. Ha un livido sul braccio destro, segno di una forte presa. Avrà litigato con qualcuno.
    PATRIZIA: Quando ci darà il risultato dell’autopsia?
    Giulio rimandò la sua risposta, sapeva che Patrizia avrebbe perso la calma.
    GIULIO: Abbiamo anche ritrovato una bottiglietta. A quanto pare si tratterebbe di un medicinale. Lo stiamo facendo analizzare.
    Patrizia però non si diede per vinta.
    PATRIZIA: Giulio, ti ho fatto una domanda. Quando ci darà i risultati dell’autopsia Mangeli?
    A quel punto Giulio dovette dire la verità.
    GIULIO: Patrizia, per il referto autoptico ci vorrà qualche giorno. Sono a corto di personale.
    Patrizia balzò in piedi e iniziò a camminare su e giù per la stanza.
    PATRIZIA: Sono a corto di personale? Scuse, sono solo scuse! Domani mi sentiranno!
    Giulio non rimase sorpreso della sua reazione, era prevedibile ma cercò comunque di farla ragionare.
    GIULIO: Patrizia non puoi comportarti così, il nostro non è l’unico caso della zona.
    PATRIZIA: Ti metti anche a giustificarli, adesso?
    Il tono di voce di Patrizia era alterato, segno che la sua calma era ormai al limite.
    GIULIO: Ascolta, amore, credo sia meglio che tu ti prenda un po’ di riposo. Magari chiedi delle ferie. E’ stato un periodo particolare...Quello che è successo con Longhi, il fatto di tenere di nuovo segreta la nostra storia e ora anche la morte di Ilaria.
    PATRIZIA: Cosa vuoi dire con questo?
    GIULIO: Forse è meglio lasciare il caso ad un altro magistrato, tu sei troppo coinvolta.
    L’affermazione di Giulio fu come una doccia gelata per Patrizia. Lui dubitava della sua professionalità, della sua capacità a scindere il lavoro dalla vita privata.
    PATRIZIA: Stai scherzando, spero?
    Giulio non rispose, dalla sua espressione era chiaro che era proprio ciò che pensava. Patrizia gli si avvicinò, guardandolo dritto negli occhi. Era delusa.
    PATRIZIA: Ok, Capitano, giriamo la storia. Questa mattina nel cortile di quel castello viene ritrovato il cadavere del suo migliore amico. Poi arrivo io e le dico di lasciare il caso a un suo collega, perché lei è troppo coinvolto e non sarebbe in grado di condurre adeguatamente le indagini. Cosa mi risponderebbe, Capitano?
    Giulio continuava a tacere. Patrizia andò verso la sua valigetta, l’aprì e prese un fascicolo. Tornò da lui e glielo porse.
    PATRIZIA: Questo è perché non sono in grado di seguire il caso.
    Giulio lo prese, mentre Patrizia andò a chiudersi nella sua stanza. Aprì la cartellina e dentro vi trovò tutto ciò di cui lui aveva bisogno per proseguire le indagini. In quel momento si sentì un perfetto idiota. Nonostante il dolore che Patrizia stava provando, aveva trovato subito la lucidità per continuare a fare il suo lavoro in modo impeccabile. Posò i fogli sul tavolo e la raggiunse nella sua camera. La trovò stesa sul letto, con il viso affondato nel suo cuscino, che piangeva a dirotto.
    "Questa volta è per colpa mia."
    Si stese accanto a lei, accogliendola fra le sue braccia e posandole un bacio tra i capelli.
    GIULIO: Scusami, Patrizia, sono stato uno stupido...io...io volevo solo proteggerti dal dolore che stai provando. Vieni qua amore.
    Giulio l’attirò a sé, facendola girare verso di lui e stringendola forte.
    GIULIO: Che ne dici se cerchiamo di dormire un po’? E’ stata una giornata pesante e domani non sarà da meno.
    PATRIZIA: Rimani qui con me questa, notte? E Amanda?
    Giulio la guardò asciugandole le lacrime.
    GIULIO: Amanda chi?
    Patrizia gli sorrise e si lasciò cullare dal caldo abbraccio di Giulio, che continuava a coccolarla, fino a quando lei si addormentò, sfinita. Anche Giulio alla fine cedette alla stanchezza, addormentandosi con il suo amore tra le braccia.
     
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